This is Not a Love Post

Lucca Comics and Games, 31 ottobre 2013. Prima volta al Festival del Fumetto di Lucca, prime due ore, già lo zaino colmo di libri e la promessa solenne di non comprare più nulla. Vago tra gli stand, sfoglio le pagine, chiacchiero con gli autori, mi chiedo se sia meglio comprare le orecchie di Bugs Bunny o quelle di Totoro, finché non m’imbatto nelle musicassette di This Is Not a Love Song.

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Ho vissuto l’epoca delle compilation d’amore su musicassetta solo indirettamente, da piccola, frugando tra segreti non miei, nei cassetti di mia sorella più grande. Ricordo le prime note di “Creep” dei Radiohead che gracchiavano dallo stereo della cameretta, tenuto a basso volume per non farmi scoprire, le copertine delle musicassette con dediche improbabili e frasi da Smemoranda scritte con gli Uniposca. Le mie musicassette, invece, erano un collage personalissimo di brani trovati in radio, registrati inevitabilmente dieci secondo dopo l’inizio, il tempo di premere il tasto “record”, con i saluti degli speaker a fine canzone e qualche pubblicità e jingle di mezzo.

Quando sono cresciuta, ho avuto in regalo una compilation di mp3, con più di 100 canzoni d’amore, che ho ascoltato più o meno fino a due anni fa. Ma non è stata la stessa cosa. Tra compagni di classe, ci si segnalava titoli o al massimo i link su youtube, qualcuno stampava ancora i testi (a volte anche con la traduzione!), le musicassette erano sparite da un pezzo, con i loro nastri attorcigliati e l’inchiostro sbavato dei pennarelli. In compenso, conservo ancora qualche cd con tanti cuori disegnati e una manciata di stelle sul lato 1.

This is Not a Love Song è un salto nel passato, negli anni in cui ci si addormentava con la musicassetta e le cuffie. Come dicono gli stessi autori, si tratta di “un serbatoio infinito di canzoni d’amore universali”, messe a disposizione delle immagini, una fonte d’ispirazione alla quale possono attingere liberamente grafici, illustratori, disegnatori e fumettisti. Progetto firmato da New Monkey Press Records, Tinals (acronimo per This is Not a Love Song) ha debuttato ufficialmente all’edizione 2013 del Lucca Comics and Games, con 21 “musicassette immaginifiche”, vere e proprie compilation su carta, dove 21 disegnatori hanno liberamente reinterpretato una canzone d’amore. Ogni cassetta contiene una storia piegata ad organetto, da un lato la genesi e la fortuna della canzone e la biografia del disegnatore, dall’altro le illustrazioni.

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Tra i disegnatori finora coinvolti ci sono: Gianluca Costantini; Aka B; Nicolò Pellizzon; Marino Neri; Chiara Fazi (che ha curato anche la grafica dell’intero progetto); Silvia Rocchi; Bianca Bagnarelli; Stefano Simeone; Erbalupina; Marco Galli; Davide Catania; Millo, La Tram; Dario Panzeri; Francesco Cattani; Massimo Pasca; Eleonora Amianto; Marika Marini; Margherita Morotti.

Aprire ogni singola cassetta è come dare il via a una catena di scoperte: ogni custodia una canzone, ogni canzone una storia, ogni storia un disegno, ogni disegno una cover. Sì perché This is Not a Love Song è anch’esso un progetto dentro il progetto. Accanto all’idea di Tinals, l’etichetta umbra To Lose La Track, di Luca Benni, ha prodotto una compilation con le prime 12 cover, disponibili on-line e in free download, insieme ai disegni. Tra le voci, alcune delle band più interessanti del panorama underground italiano e non, con risultati brillanti, anche se con qualche esito discutibile, come la cover di “Boys Don’t Cry” dei Do Nascimiento, i cui fanti che non piangono stentano a convincere, e la versione dei PopX + Calcutta di “Je t’aime, moi non plus”, esageratamente dilatata. Meritano una menzione invece la cover di “Fade Into You” di Mazzy Star, una ballata sognante reinterpretata dai Vrcvs e la versione rock-pop di “Playground Love” degli Air, rifatta dai Manetti!.

L’idea è quella di voler associare alle note universali delle canzoni d’amore più note l’approccio personale dei disegnatori, per un connubio inedito tra grafica e musica, che, in più, riporta in auge un supporto ormai desueto, ma in sé vintage ed esteticamente ricercato. Seguiranno, infatti, altre compilation su carta, nuove musicassette immaginifiche e altri ascolti, tutti gratuiti.

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© Marco Galli

Più o meno vicini allo spirito originale della canzone, i disegni sembrano scavare a fondo, facendo delle ballate semplici canovacci su cui tessere storie completamente nuove, immagini contemporanee per ballate retrò, angosce ed emozioni inedite che stravolgono brani cult e familiari, attraverso risvolti insospettati.

Alla fine, ho ceduto. Dopo 30 minuti a canticchiare le canzoni, ad aprire cauta le cassette, a scorrere i disegni e a chiedere più o meno dieci volte le stesse informazioni ai ragazzi dello stand, ne ho scelte 4: “Luna” degli Smashing Pumpkins, rivisitata da Marco Galli; “I’m Sticking with you” dei Velvet Underground, rifatta da Marika Marini; “Are you lonesome tonight?” di Elvis Presley, con i disegni di Aka B; “Boys don’t cry” dei Cure, illustrazioni di Massimo Pasca.

La scritta che campeggia su ogni cassetta, “anything is better than nothing”, mi è sembrata un segno in un periodo in cui ho riposto ogni posizione radicale e ho accettato l’inevitabile compromesso. Quindi, alla fine, le ho portate con me a Parigi ma già non ci sono più. Forse non saranno canzoni d’amore, ma non mi sarei mai aspettato di poter ancora regalare una musicassetta romantica e non volevo perdere l’occasione.

© Aka B

© Aka B

Soundtrack: I’m sticking with you, Velvet Underground 

“Fini de rire” è un progetto multimediale di Olivier Malvoisin, co-prodotto da Arte e RBTF, sul potere del fumetto giornalistico e sul desiderio di molti di metterlo a tacere, dalla Cisgiordania alla Germania, dalla Francia a Gerusalemme, fino a una vecchia conoscenza a quattro zampe. Popolano il documentario, 40 testimonianze di voci, e fumetti, minacciati, censurati o in pericolo.

Il progetto, uscito lo scorso aprile, prende spunto dalla reazione alle vignette su Maometto pubblicate nel 2006 per tracciare una mappa immaginaria dei tabù contemporanei e chiedersi, una volta per tutta, cos’è e che fine ha fatto la libertà d’espressione.

Qui il sito del progetto, con la cartografia completa dei disegnatori e del fumetto giornalistico nel mondo.

di interviste, fantascienza e meschinità

La prima volta che ho guardato negli occhi Dora e Raniero, protagonisti dell’ultimo album di Manuele Fior, è stato lo scorso dicembre, a Parigi, in un pomeriggio di pioggia a Gare de l’Est. Erano ancora spalmati sulle tavole, in attesa di essere impaginati, stampati e recapitati nelle librerie francesi e italiane. All’epoca il titolo era uno solo, “L’Intervista” (Coconino Press), pensato per rimanere in italiano anche nella versione francese, e la trama era un groviglio di fantasticherie che si sono animate in libertà nella mia testa, dopo l’intervista, quella vera, con Manuele Fior.

© Manuele Fior

© Manuele Fior

È una storia di fantascienza”, raccontava, “che non ha nulla a che vedere con la mia vita”. “L’Intervista” è ambientato nell’Italia del 2048, in un futuro prossimo dove, in seguito ai moti del 2021, il paese ha subito la “disunificazione” e gli adolescenti delle ultime generazioni non sanno cosa sia una matita o un compasso, adepti della Nuova Convenzione, che “si basa sul principio di non esclusività emotiva e sessuale”. Una promiscuità discreta e comunemente accettata, che continua a turbare le menti più tradizionali ma sembra fatta apposta per salvaguardare dal male di vivere e dall’abisso dell’abbandono, che invece pare assediare Raniero.

Raniero, vittima di un incidente e di strane allucinazioni, e di un matrimonio caduto nelle grinfie della quotidianità più feroce, porta in giro la sua faccia rassegnata, con “l’aria di uno che soffre parecchio… ed è convinto per questo di meritarsi qualcosa”. “Perseguitato dal disgusto”, teme di intravedere in Dora, una delle sue pazienti, seguace della Nuova Convenzione e incapace di essere gelosa, una via d’uscita, fin troppo piacevole, alla sua grigia routine.

Voglio scoprire anche io, come un semplice lettore, come andrà a finire la storia“, aveva dichiarato Fior nella nostra intervista, “lasciarmi portare dai personaggi e seguirli“, raccontandomi di non avere alcun piano, alcuna trama in mente all’inizio di ogni bozza, ma solo il desiderio di creare un’opera di fantascienza, che, inevitabilmente, si è mescolata ai suoi temi ricorrenti: l’amore, la difficoltà di restare sulla stessa linea, senza un secondo, o più, di distanza. “Ho pensato molto ad Antonioni“, ha rivelato Fior ad un giornale francese, indicando come “La Notte”, con una splendida Monica Vitti, eroina romantica di un dramma borghese, l’abbia ispirato non poco.

© Manuele Fior

© Manuele Fior

Abbandonati gli acquarelli di “Cinquemila chilometri al secondo”, Manuele Fior si perde in un chiaroscuro di ombre e tratti morbidi, in una fantasia di grigi e bianchi sfumati, tra un nero indeciso e un avorio timido, come un ritratto vintage di un futuro distopico, come una fotografia degli anni ’60 spedita nello spazio e nel tempo, quasi cento anni dopo.

Tra sinuosità umane e geometrie aliene, sul nero delle pagine de “L’Intervista” si stagliano finestre improvvise spalancate su un centro storico blindato, i fari delle auto nella notte, inattesi triangoli disegnati nel cielo, sintomo che una nuova era è vicina. La luce come forza creatrice di nuove forme inattese, come ne “La Guerra dei Mondi” di Steven Spielberg, pellicola che ha ispirato Fior, insieme a tutto il filone classico della fantascienza, da Asimov a Orwell.

© Manuele Fior

© Manuele Fior

Le tinte chiaroscurali, le sfumature del bianco e nero, raccontano un futuro prossimo ma intriso di mistero, dove l’umanità sembra decisa a semplificare ogni complicazione sentimentale, puntando alla trasparenza coatta, alla chiarezza ultima.

Nelle pagine finali dell’album, tale eccesso di franchezza diventa radicale e tutti i personaggi possono leggere nella mente altrui. Sembra di trovarsi davanti allo stadio evolutivo ultimo dell’essere umano, in cui bipedi previdenti hanno imparato a salvaguardarsi dai soprusi delle emozioni, dai nodi in gola della gelosia, dal male acuto del fallimento, sviluppando un nuovo istinto di sopravvivenza e rinunciando una volta per tutte alle emozioni dell’amore. E alle sue meschinità.

ARABESQUES

Da un pomeriggio di pioggia a Gare de l’Est a mattinate di ghiaccio in redazione a Strasbourg Saint-Denis, la mia intervista a Manuele Fior è stata pubblicata lo scorso venerdì. 

Intanto, cambio casa, lascio Place de Clichy, le ostriche e il cimitero di Montmartre,  per Arts et Métiers. E tra una settimana ho il treno per Angoulême, per la 40sima edizione del Festival International de la Bande Dessinée.

Anticipazioni ed entusiasmi: la Revue Dessinée, coraggiosa iniziativa editoriale che, a partire dal prossimo autunno, porterà nelle librerie un trimestrale di 200 pagine interamente composta da reportage a fumetti; Chester Brown, illustratore canadese, autore di “Paying for It“, fumetto autobiografico sul suo rapporto controverso con le prostitute e il sesso a pagamento; il concerto illustrato di Bastien Vivès e Lescop.

 

To be continued_

Un rêve de gamin

ore 18. piove. Maison de l’Architecture de Paris. Manuele Fior.

un tè, le tende rosse, le tavole originali del suo ultimo libro, un’intervista che diventa sempre più una chiacchierata, con i fumetti che si accumulano nella cucina, le tazze di porcellana e tanti consigli di lettura

il carboncino, le matite, gli acquerelli, i post-it con gli schizzi appiccicati qua e là sulle pareti, la Gare de l’Est che sbuca da una delle due grandi vetrate dell’appartamento

e alla fine scoprire che il tuo autore preferito ha fatto la scuola elementare a Galatina…

Il resto, presto su Cafebabel_

(c) Manuele Fior

(c) Manuele Fior